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martedì 4 gennaio 2011

Chicco e la fattoria

Chicco era un topino allegro e vivace con una morbida pelliccia grigia dalla quale spuntavano le esili zampette rosa.

Correva veloce, zampettando qua e la, annusando l'aria sempre alla ricerca di qualcosa da mangiare. Abitava nei pressi della vecchia fattoria di Giorgione, un alto e robusto contadino
con un grosso naso tutto rosso e un cappello di paglia sempre in testa.
Chicco, durante le esplorazioni nella stalla della fattoria, prestava attenzione ad ogni più piccolo rumore. Il caldo respiro affannato delle mucche, il frusciante scuoter la testa dei cavalli; ciò che cercava di udire prima di una possibile aggressione erano però i fruscii del giovane gatto Tommaso, ma non era affatto facile sentirli! 
Tommaso se ne stava tutto il giorno accovacciato al calduccio davanti la finestra di fronte alle mucche, ma non appena s'accorgeva della presenza in stalla di un topo raddrizzava le orecchie e, di soppiatto, strisciava dentro qualche mucchio di fieno o dietro qualche sacco di mangime, nel tentativo di catturare con un balzo fulmineo il malcapitato topino. Chicco sapeva bene che un attimo di distrazione, un'esitazione alla fuga e... zac! avrebbe potuto cadere fatalmente tra le grinfie di Tommaso.
Quel gattaccio d'altronde faceva il suo dovere, messo di guardia alla stalla aveva l'ordine tassativo di tenere alla larga gli intrusi. A Giorgione e sua moglie, una signora sempre indaffarata nelle pulizie e nell'ordine della casa, i topi non stavano proprio simpatici! Sotto il divano, sotto ogni comodino, sotto il letto e ogni armadio o mobile di casa, erano piazzati cartoncini con la colla che fungevano da trappole per i piccoli roditori talmente
sprovveduti da entrare in casa. Eppure Chicco s'accontentava di cibo di poco conto: alcuni chicchi di grano dispersi in qualche angolo della stalla o una briciola caduta sul pavimento della cucina diventavano per lui splendidi banchetti, più che sufficienti a soddisfarne l'appetito.
Neanche gli altri animali si dimostravano tolleranti con Chicco. Sebbene avesse evitato in tutti i modi di dar loro fastidio, disinteressandosi alla loro mangiatoia, doveva sempre stare alla larga dai colpi di coda delle mucche, dal becco delle galline e dagli zoccoli dei cavalli che, infastiditi, cercavano di colpirlo durante le sue esplorazioni in stalla. Solo il maiale, relegato in un piccolo recinto tutto suo, si limitava in presenza del topo a grugnire indispettito per poi tornare ad abbuffarsi nella mangiatoia, senza prestargli ulteriore attenzione: ma nel porcile tutto era sporco e maleodorante, quindi Chicco evitava il più possibile d'andarci.

Un giorno tiepido d'autunno Chicco, entrato nella stalla di soppiatto sotto la grande porta, si guardava attorno muovendo le grandi orecchie a destra e a sinistra. Sulla finestra di fronte alle mucche non c'era Tommaso; lo avrà sicuramente visto entrare e si sarà nascosto in qualche angolo buio per tendere un’imboscata al malcapitato topino! Un brivido gelido attraversò Chicco lungo tutto il dorso fino alla punta della codina rosa e, intimorito dal pensiero del felino in agguato, indietreggiò uscendo all’aperto il più velocemente possibile. Era meglio evitare la stalla poiché, se Tommaso non stava sonnecchiando al solito posto, significava era sveglio e pronto a cacciare. Una capatina in casa di Giorgione si sarebbe potuta rivelare un’imprudenza pericolosa, è
vero, ma in quelle circostanze sembrava l'unica possibilità di rimediare qualche briciola.


La finestra sul retro della casa era aperta; Chicco s'arrampicò sul muro e, entrato, scese guardingo dall'altra parte. Ricordava a memoria la disposizione delle trappole nelle stanze dalla sua ultima visita, quindi era piuttosto tranquillo.
In cucina, seduto su una cigolante sedia a dondolo, Giorgione contemplava assorto la legna ardere nel caminetto davanti, mentre il fumo della sua pipa formava con lente evoluzioni spirali contorte e disegni astratti, quasi fossero i pensieri del contadino. Sua moglie era intenta a preparare da mangiare tra i rumori delle pentole e il cozzare dei piatti.
Nessuno s'accorse del topino che iniziò la sua ricerca indisturbato.
Quatto quatto Chicco avanzava, odorando e osservando attentamente il pavimento: le varie trappole per topi erano nei soliti posti, alcune schegge di legno erano sparse vicino al caminetto, e sotto la credenza se ne stava immobile qualche batuffolo di polvere scampato alle pulizie domestiche... Eccola! Una grossa briciola di pane era adagiata accanto al piede del tavolo dietro a Giorgione; il topo affamato avrebbe potuto raccoglierla facilmente subito, ma decise di avvicinarsi lentamente, con cautela; l'essere scorto l’avrebbe obbligato a fuggire abbandonando anzitempo il prelibato boccone, condannandolo a restare con lo stomaco vuoto.
Costeggiato il muro dietro il divano, si fermò. Dopo una corsa veloce per attraversare un tratto allo scoperto, s'infilò sotto la tenda. Un ultimo slalom tra le gambe delle sedie evitò il cartoncino della colla ratticida sotto il tavolo. Era vicinissima e Chicco aveva già l'acquolina in bocca nel vederla: mollica bianca e soffice
con un cappello di crosta croccante! Il topolino deglutì, raccolse tutto il suo coraggio e avanzò; un passo, un altro e...

...Un ruggito di leone, un balzo fulmineo dalle ginocchia di Giorgione e Tommaso si impose con la sua stazza davanti a Chicco, che restò immobile con la bocca aperta e i denti sporgenti nell'intento di raccogliere la briciola. Al topolino, paralizzato dalla sorpresa sgradita e dal terrore, sembrò ghiacciare il sangue nelle
vene! Non si era proprio accorto fino a quel momento del gatto, poiché tutte le strategie escogitate non includevano la sua presenza e, adesso, quella piccola insignificante briciola non sembrava nemmeno così appetitosa!
Lucido pelo grigio striato da sottili linee bianche, orecchie scure e ritte come baionette innestate, zampe come batuffoli di soffice cotone da cui uscivano artigli affilati. La schiena arcuata pronta a sferrare con slancio un attacco fulmineo, una lunga coda ricurva verso l'alto danzante ad un ritmo lento e ipnotico, occhi verdi solcati da una pupilla verticale nera priva di ogni compassione e... le fauci: denti appuntiti tutti in fila come soldati d'un plotone d'esecuzione, passati in rassegna da una ruvida lingua rossa che inesorabile comandava l’assalto con un lungo e penetrante miagolio minaccioso.
Chicco deglutì nuovamente, ma s'accorse d'avere la bocca secca e pochissimo tempo per fuggire. In un attimo raccolse tutto il disperato coraggio rimanente nel suo cuoricino che batteva all'impazzata e, mentre Tommaso si lanciò con un salto improvviso verso di lui, il topolino schizzò più veloce che mai proprio sotto il gatto puntando dritto al caminetto. Tommaso in volo, nel guardare la preda in fuga, sbatté rumorosamente contro le gambe di una sedia, atterrando in scivolata sotto il tavolo proprio sul cartoncino di colla che gli rimase incollato alla coda.
A questi pochi istanti seguì un guazzabuglio generale in casa. Giorgione pigramente assorto, al sonoro schianto di Tommaso, scattò in piedi facendo cadere la sedia a dondolo e cominciò a sbattere ripetutamente i piedi per terra nel tentativo di far fuggire il topo; sua moglie correva urlando istericamente a destra e a manca con le mani fra i capelli rifugiandosi infine, con un sol balzo, sopra una sedia della stanza.

Tommaso, stordito dalla caduta e maggiormente ferito nel proprio orgoglio felino per l'essersi fatto scappare una così facile preda, si scrollò di dosso l'umiliazione ricevuta e, lanciato uno sguardo di sfida al povero topo, riprese l'attacco. Chicco si fermò un momento davanti al caminetto acceso per riprendesi dallo scampato pericolo, giusto in tempo per vedere Tommaso procedere a lunghi balzi verso di lui col cartoncino appiccicato alla coda.
Un nuovo guizzo all'ultimo istante salvò Chicco dall'ennesima aggressione di Tommaso che, troppo lanciato nella caccia, cercò di arrestare la sua corsa con una brusca virata, usando gli artigli come freni stridenti sulle pietre del caminetto, finendo però con la coda sulle braci accese. Il rantolo minaccioso del gatto si trasformò in un miagolio di dolore per la coda bruciacchiata e, successivamente, in una disperata richiesta d'aiuto quando s'accorse con terrore che la colla del cartoncino attaccato alla coda rapidamente prendeva fuoco!
Per Chicco era giunto il momento della fuga, la strada verso la finestra sul retro era libera e nessuno sembrava curarsi di lui. Infatti Tommaso stava correndo attorno al tavolo cercando di fuggire alle fiamme dietro di sé; Giorgione correva dietro al gatto pestando pesantemente con gli scarponi nel tentativo di spegnere le fiamme, e sua moglie continuava a lanciare urla acute temendo, oltre all'invasione del topo, anche un incendio in casa.
Imboccata la finestra socchiusa, Chicco si tuffò al suolo iniziando a correre a perdifiato verso la stalla, dove avrebbe trovato riparo nascosto in qualche angolo, attendendo il calmarsi della situazione; giunto nei pressi della grande porta però, avvertì un forte odore di bruciato nell'aria; si voltò per capire di cosa si trattasse e si rese conto, con rinnovata angoscia, d'essere nuovamente inseguito da Tommaso. Allo stremo delle forze, indebolito dalla fame e dalle forti emozioni provate, Chicco rallentò la propria corsa per poi fermarsi di fronte alla stalla. Il topolino avvilito e rassegnato si rannicchiò al suolo chiudendo gli occhietti nell'attesa del gatto e, con esso, la sua ormai inevitabile fine.
Attese pochi interminabili istanti, ma non accadde nulla.
Si aspettava da un momento all'altro d'essere afferrato dagli affilati artigli dell'infuriato gatto ma... niente.
Il topino aprì appena gli occhi in una sottilissima fessura, giusto per accertarsi della sua sconfitta senza essere preda di ulteriore terrore; vide Tommaso che, al galoppo, spiccava un lunghissimo balzo tanto alto da passargli sopra e evitarlo come fosse un ostacolo e non la sua preda. Un lezzo pungente investì il topo sbalordito: era la scia di fumo nero che seguiva Tommaso con la coda in fiamme!
Chicco, felice per lo scampato pericolo, non credette ai propri occhi quando vide il gatto proseguire la sua corsa ed infine passare sotto la grande porta chiusa della stalla, veloce come un razzo.

Prima, durante il guazzabuglio in casa, Tommaso fu preda del più incontrollabile panico; aveva provato di tutto per spegnere quel fuoco, perfino farsi calpestare la coda da Giorgione, con l'unico risultato di provare, nella contusione, un dolore maggiore oltre all'ancor indomito bruciare. Fu così che, dopo il maldestro pestone da parte del contadino, Tommaso si precipitò fuori dalla finestra sul retro con l'intento di raggiungere l'acqua dell'abbeveratoio per spegnere quelle fiamme; poiché, se i gatti da sempre odiano l’acqua, è pur vero che disprezzano maggiormente il fuoco… soprattutto quando divampa minaccioso sulla loro coda!
Percorse la distanza per raggiungere la stalla in pochi attimi, infilandosi di slancio sotto la grande porta e tuffandosi direttamente nell'abbeveratoio con gran spavento delle mucche e degli altri animali, ma con suo gran sollievo. Il fuoco sulla coda si spense sollevando una nuvoletta di fumo grigio.

Come succede sovente nella vita quando, per risolvere un problema imminente di piccola entità, ci si fa prendere dalla premura e si agisce senza considerare le conseguenze ben più gravi che si possono creare, fu così che Tommaso per raggiungere in fretta l'acqua e spegnere il fuoco sulla coda, era passato nella stalla vicino ad un covone di paglia che divampò rapidamente.

Il fuoco s'arrampicava con avidità sui pali di legno che sostenevano il soffitto raggiungendo, in un batter d'occhio, le travi e le tegole; correndo rapidamente sul pavimento, alimentato da paglia e fieno, arrivò, spietato come pochi predatori, fino nelle mangiatoie degli animali.  Il calore sprigionato da quelle lingue dorate era insopportabile, con effetti simili a dei vibranti colpi di frusta sulle povere bestie che iniziarono a scalciare terrorizzate, divincolandosi con tutta la loro forza e urlando nei loro versi strazianti richieste d'aiuto. I cavalli per primi, con uno strattone, strapparono la cavezza che li legava al recinto, e così fecero poi anche le mucche mentre le galline svolazzarono goffe agitando le grasse alette oltre la rete del pollaio; quasi tutti cercarono di fuggire verso l’uscita, trovando però, con rinnovato orrore e sgomento, il portone della stalla saldamente chiuso col catenaccio dall’esterno. Solo il corpacciuto e pigro maiale non partecipò al fuggi fuggi, limitandosi a grugnire acutamente quando qualche dispettoso lembo di fuoco lo lambiva, per tornare, al ritirarsi della fiamma, ad abbuffarsi nella sua mangiatoia.

Il nitrire dei cavalli, lo scalciare delle mucche contro le palizzate e il gran rumore degli altri animali terrorizzati nel vedere la stalla prendere fuoco, non furono sufficienti a richiamare l'attenzione di Giorgione che, rinchiuso in casa, non poteva udire alcun grido d'aiuto.
Tommaso, seduto sull'abbeveratoio, rimase pietrificato nell'incredulità di ciò che i suoi occhi vitrei stavano osservando. Rimase immobile per lunghi attimi in preda allo sgomento, mentre seguiva con lo sguardo gli altri animali spingere ammucchiati davanti al portone della stalla senza riuscire ad aprirlo. Tommaso non riusciva a capacitarsi di come fosse potuto accadere un tale disastroso incidente e guardava tutto ciò che accadeva là dentro con inspiegabile distacco. Solo un grugnito del maiale, più acuto degli altri, riuscì infine a destare il gatto e riportarlo alla realtà: quell’incendio l'aveva appiccato lui per la sua foga smodata di catturare quel topastro, e ora tutti gli animali della fattoria stavano per pagare il prezzo che il suo orgoglio felino aveva imposto e che lui stesso, accecato dalla caccia, non aveva calcolato. Un prezzo davvero sproporzionato per togliersi dai piedi il piccolo roditore. Un prezzo inaccettabile per sbarazzarsi di un disturbo alla fin fine insignificante: qualche chicco di grano razziato dal topo non poteva certo valere quanto la stalla intera, e soprattutto quanto la vita di tutti gli animali che vi abitavano!
Un ultimo sguardo all'incendio che ormai avviluppava ovunque, quasi a scuotere ulteriormente la propria coscienza ed agire con maggior risolutezza, un grande respiro e… via a perdifiato con una gincana tra le zampe degli animali. che nella calca ostruivano l'uscita; un rapido scivolone sotto la porta e, sgusciato dall'altra parte, una corsa a gambe levate verso la casa per chiedere soccorso a Giorgione.

Chicco era rimasto appena fuori dalla stalla, da quando un fumante Tommaso l'aveva con un balzo sorvolato e graziato. Paralizzato nell’immaginare l’orrenda fine che avrebbe potuto essere il finire tra le grinfie del suo acerrimo predatore prima, e dall’incredulità d’essere scampato alla fatale cattura poi. Aveva fatto appena in tempo a riprendere fiato, riordinare le idee e capire che l'attesa nella sua situazione era un lusso che non poteva concedersi, quando vide ancora una volta Tommaso correre, lanciato verso la casa con lunghi balzi che sollevavano leggere nuvolette di polvere. Incuriosito, e determinato ad azzardare un po’ ritardando il nascondersi pur di capire gli strani comportamenti del gatto, s'avvicinò al portone della stalla e, da sotto, sbirciò oltre. Uno sguardo e tutto fu chiaro. Lasciò da parte qualsiasi sensazione d'orrore, paura o terrore che la scena dell'incendio causò nella sua mente, si volse e rincorse Tommaso, senza pensare ad altro se non aiutarlo a salvare gli animali intrappolati nel rogo.
Chicco raggiunse Tommaso mentre stava miagolando disperato sul davanzale della finestra da cui poco prima entrambi erano usciti; la moglie di Giorgione però l'aveva chiusa subito dopo definitivamente per scongiurare un possibile rientro del topo o del gatto bruciacchiato. Tommaso miagolava più che poteva appoggiando le zampe anteriori al vetro per farsi notare dall'interno; gli sarebbe bastato che Giorgione aprisse la finestra o la porta affinché, udendo il lamento degli animali in stalla, potesse accorrere a spegnere l'incendio. Ma i due contadini, ormai seduti a tavola a pranzare, non prestavano la benché minima attenzione al gatto, anzi il contadino inveiva contro di lui con frasi poco lusinghiere come: " ...se hai fame prendi quel topo e guadagnati il pane... è inutile che miagoli! I buoni-a-nulla non meritano di mangiare o stare in casa...".
Chicco si mise al fianco di Tommaso che lo guardò con occhi lucidi, pieni d'impotenza nel non riuscire a rimediare a quel guaio che aveva combinato nella sua smania d'acciuffare il topo. Tommaso portava in solitudine la gravità della situazione e la responsabilità d'aver causato quel disastro, mentre le sue giovani spalle di gatto sembravano talmente fragili da essere sul punto di sbriciolarsi per non essere in grado di reggere il peso d'entrambe.
Quello sguardo così tenero che richiedeva compassione e aiuto, gonfiò il cuore di Chicco: gli fece dimenticare la paura d'essere braccato dal gatto, l'angoscia delle fughe a perdifiato e il disagio di non essere mai stato accettato dagli altri animali o dall'uomo. Lo sguardo implorante di Tommaso aveva spazzato via dal suo cuore gli occhi vitrei e privi di sentimento che aveva scorto durante la caccia di questo; ora era pronto a dare tutto ciò che poteva per aiutare quello che prima era il suo nemico e, adesso, era solo un povero gattino su cui incombeva la responsabilità delle vite degli animali intrappolati dalle fiamme.
Chicco si fece forza, afferrò a piene mani tutto il coraggio che ancora il suo animo poteva dare, e ideò immediatamente un piano con tutte le astuzie e capacità opportune che un piccolo topolino come lui possedeva. Si precipitò di corsa davanti all'uscio d'ingresso seguito da Tommaso, la porta era chiusa, ma poco importava: infatti ogni topo è in grado di passare per la più piccola fessura che gli permetta però di infilarvi il naso; e così fece. Con grande sforzo si appiatti contro il pavimento dell'uscio riuscendo a poco a poco a passare sotto la porta entrando così in casa. Trovò Giorgione e la moglie intenti a consumare un piatto di minestra, concentrati nel dialogare in modo acceso forse su quanto era successo prima. Entrambi non si accorsero del ritorno del topo ma, se Chicco era un vero professionista nel nascondere la sua presenza, per lui era uno scherzo farsi notare. S'arrampicò sul muro fino al soffitto, scese lungo il lampadario e quindi, con un salto da vero acrobata, finì al centro della tavola apparecchiata. Per pochi attimi regnò un profondo silenzio in cui tutti rimasero immobili prima di capire cosa fosse quella sagoma grigia precipitata dal soffitto.
Ne seguì un trambusto talmente isterico come Chicco non ne aveva mai visti prima!
La moglie svenne con un grido soffocato cadendo ai piedi della tavola e, nell'aggrapparsi alla tovaglia stesa, trascinò sul pavimento Chicco con tutte le posate e i piatti che andarono in frantumi in un enorme fracasso. Giorgione fece un salto dalla sedia afferrandosi il cappello sulla testa per evitare che volasse via, inveendo contro l'intruso che davvero questa volta aveva osato troppo con la sua imprudenza.
Il contadino afferrò la scopa appoggiata vicino al caminetto e si mise a rincorrere il topo cercando di colpirlo. Chicco cercò di correre verso la porta e ripassarci sotto per fuggire alla collera di Giorgione, ma quando fu vicino alla fessura un colpo sordo lo raggiunse. A Chicco sembrò che tutte le ossa gli si mescolassero dentro al corpo e non riuscì più a muoversi, mentre un dolore lancinante si faceva largo tra l'affanno e l'eccitazione della fuga, offuscandogli la vista e la mente al punto che perse i sensi.
Giorgione gridò per la gioia d'essere riuscito finalmente a liberarsi di quell’intruso indesiderato; aprendo la porta e trovandosi Tommaso lì ad aspettarlo, con aria vittoriosa da grande cacciatore diede un colpo di scopa che spazzò vicino al gatto il corpo del topo, urlandogli come lui avesse avuto successo dove invece il felino aveva fallito!
L'euforia per aver sconfitto il topo, sparì all’udire i versi strazianti degli animali in stalla che cercavano invano di sfondare il portone per scampare alle fiamme. Giorgione si sentì mancare alla vista di tutto quel fumo nero che usciva dalla stalla diffondendo tutto attorno un forte odore di legno bruciato. Corse affannosamente verso il portone e, spalancandolo con uno strattone al catenaccio chiuso, venne travolto dagli animali affumicati che, respirando finalmente l'aria fresca, corsero all'aperto sani e salvi.
Il contadino richiamò davanti alla stalla tutto il vicinato per spegnere l'incendio e dopo molte ore, e molti secchi d'acqua, l'incendio fu domato lasciando dietro a se travi e muri anneriti, una grande nuvola di fumo e tanta paura in tutti.
Tommaso seguì dall'uscio della porta Giorgione prestare soccorso alle bestie e dirigere quindi le operazioni per spegnere l'incendio. Quando capì che ormai era tutto sotto controllo e l'incendio stava per essere domato, la sua attenzione si posò su Chicco.

Il corpicino esamine era disteso per terra, la grigia pelliccia arruffata e una smorfia di dolore sul musetto. Tommaso lo fiutò, cercando di capire in che condizione si trovasse il topino. Lo guardò a lungo, e l'immobilità di quel corpo, che fino a poco prima zampettava veloce a destra e a manca, dipinse una profonda commozione nei freddi occhi felini. Tommaso riconobbe che, se non fosse stato per quel topo imprudente, tutti gli animali e la stalla sarebbero spariti per sempre dalla vita della fattoria. Capì quindi il grande gesto di Chicco, reietto da tutti gli altri animali e dall'uomo, che nel momento più grave non aveva indugiato nel donare la propria vita per loro.
Una lacrima uscì dagli occhi e corse lungo il musetto di Tommaso gocciolando dal naso umidiccio. Cercò di toccare col muso il corpicino del topo, un ultimo tentativo disperato alla ricerca di scuotere ancora una volta quel cuore che tanto coraggio e amore aveva elargito.

Un sospiro.
Poi un piccolo impercettibile lamento seguì il gesto di Tommaso.
Il topino muoveva appena la testolina mentre squittiva piangendo di dolore per una zampetta spezzata, ma per Tommaso fu un ricco quanto inaspettato dono dal cielo che gli riempì il cuore di felicità.
Chicco era vivo.
Tommaso afferrò con la bocca Chicco e, con la delicatezza che solo i felini usano con i loro piccoli, lo trasportò fin sopra alla legnaia. Il gatto si coricò avvolgendo il topo con la sua coda, cercando di riscaldarlo col calore del suo pelo striato.
Chicco si addormentò con la mente annebbiata per la stanchezza e il dolore in un lungo sonno profondo senza sogni.

Una forte luce attraversò le palpebre chiuse e Chicco si risvegliò trovandosi sulla finestra della stalla davanti alle mucche. Ci mise qualche minuto a capire dove fosse. Era avvolto ancora nella calda pelliccia di Tommaso che se ne stava lì dormendo, facendo le fusa nel calore della stalla. Le mucche e i cavalli s'accorsero del suo risveglio e lo guardarono con occhi riconoscenti e ammirati. Anche le galline chiocciarono in segno di saluto verso il topolino. Tommaso aveva infatti raccontato quanto era successo agli animali che, un poco avviliti del loro comportamento precedentemente riservato al topo, accolsero felici il loro eroe, che d'ora in poi avrebbe potuto restare nella stalla per tutto il tempo desiderato. Solo il maiale, impegnato come sempre ad abbuffarsi nella propria mangiatoia, non prestò grande attenzione a Chicco, limitandosi ad alzare un poco la testa per poi riabbassarla con un grugnito nel proprio pasto.

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